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Nazionale italiana di calcio a 7 per atleti con cerebrolesioni

E’ passato poco più di un mese, un mese, era sabato 20 febbraio, da quando i nostri impianti sportivi di Loreggia e di Rustega hanno ospitato per due giorni gli allenamenti della Nazionale italiana di calcio a 7 per atleti con cerebrolesioni.

Nazionale guidata da un CT al quale siamo molto affezionati, un nostro compaesano, il massofisioterapista Simone Pajaro, che abbiamo incontrato per farci raccontare qualcosa di più sulla sua avventura, giunta ormai al quinto anno consecutivo, alla guida di un gruppo di ragazzi davvero speciali.

“Ho la fortuna di fare l’allenatore di questa Nazionale dal 2016. Poter tornare a veder giocare i miei ragazzi proprio a casa mia (Simone è nato a Campisampiero nel 1987), dopo una lunga pausa forzata a causa del Covid, è stata per me un’emozione particolare”

Qual è stato il percorso che ti ha avvicinato al mondo delle ‘abilità diverse’ in ambito sportivo e calcistico?

“Voglio premettere che sono stato un giocatore di calcio anche io, e che sono stato vicino al professionismo, quando dal Montebelluna mi trasferii al Parma all’età di 16 anni. Ho vissuto infortuni importanti e ravvicinati: il primo fu la rottura del crociato, proprio a Parma, al mio secondo anno lì. Fu allora che cominciai ad entrare in contatto con il mondo della riabilitazione. Cominciai ad appassionarmi alla fisioterapia, al recupero dagli infortuni.

Ricordo che dove cercavo di rimettermi in piedi, a Parma, veniva anche un certo Adriano, detto l’Imperatore.

Vederlo lavorare duro per recuperare mi aiutò a non mollare.

Per farla breve, dai 16 ai 23 anni, quando poi smisi definitivamente di giocare, subii diversi infortuni alle ginocchia.

L’andirivieni tra sala operatoria e strutture riabilitative mi spinse a studiare come poter aiutare i ragazzi che passavano per brutti infortuni, così come ad approfondire il tema della prevenzione.

Ho studiato scienze motorie a Padova e poi mi sono trasferito a Perugia, dove ho frequentato un corso biennale di masso-fisioterapia.

Il passaggio dall’essere per l’ennesima volta protagonista passivo di un infortunio in campo a lavorare, dalla parte opposta, per curare chi subiva la mia stessa sorte, è stato brevissimo”.

Dalla tua professionalità – arrivata quasi per vocazione – a diventare il CT di questa Nazionale cos’è accaduto?

“È successo che un pomeriggio del 2012, ricordo che facevo il preparatore atletico al Giorgione Calcio, stavo guardando le ParaOlimpiadi alla Tivù, c’era una partita di calcio per disabili. Mi sembrava ‘calcio’ vero’.

Notai poi che c’erano squadre di tutte le Nazioni ma non dell’Italia.

Lo studio dove operavo in quel momento era a casa di Antonella Munaro (‘nostro’ attuale assessore, a Camposampiero, ndr), che era consigliere FISPES (Federazione Italiana Sport Paraolimpici e Sperimentali).

Con lei abbiamo cominciato a parlare dell’ipotesi di dar vita a qualcosa anche qui dalle nostre parti.

Esisteva solo la realtà di Torino, prima squadra in Italia per atleti con cerebrolesioni.

Nel 2014 abbiamo fondato l’ASD Calcio Veneto FD (‘For desabled’, per disabili); abbiamo cercato e trovato i primi ragazzi con disabilità nel padovano.

Ci allenavamo al Centro Gaia di Limena, poi alla palestra Briosco.

Io nel frattempo sono stato convocato a Coverciano per la prima volta, come assistente.

Un anno dopo, nel 2015, sono stato incaricato come selezionatore di una Rappresentativa, che non era ancora la vera Nazionale, che è arrivata poi l’anno successivo, con il battesimo in un torneo amichevole in Irlanda.

Da quel momento in avanti ogni anno ci ha visti partecipare a tornei internazionali, in Austria, due volte a Barcellona, l’ultima nel 2019. Poi è arrivata la pandemia, che ha rallentato un po’ tutto, anche la nostra attività naturalmente.

E così si arriva a febbraio 2020, qui a Loreggia e Rustega, dove finalmente ci rimettiamo in moto.

I ragazzi ne avevano bisogno”.

Parlaci un po’ dei tuoi ragazzi.

“La nostra squadra conta oggi su 20 atleti. Che né io né il mio staff vediamo né trattiamo mai come disabili.

Li alleniamo per migliorarli. Tecnicamente, vista anche l’età che hanno, non riusciremo a fare miracoli.

Dal punto di vista motorio ed ancora di più da quello del senso di squadra e della collaborazione reciproca invece riusciamo ad ottenere una crescita costante.

Sono ragazzi che hanno subito traumi importanti nel corso della loro vita, che hanno faticato tantissimo per cercare di stare sempre meglio. Lo sport ed il calcio hanno portato loro grandi benefici, a volte anche contro ogni previsione.

Nel corso del tempo si è formata una squadra che somiglia molto ad una seconda famiglia, per loro come per noi dello staff.

Federico Bee, preparatore dei portieri, con me dal 2016, Andrea Fiorin, nostro preparatore atletico dal 2019, e Filippo Mattiuzzo, allenatore in seconda da quest’anno, formano con me lo staff che accompagna sempre questa squadra, che ogni qual volta ha la possibilità di ritrovarsi, lavorare e giocare assieme regala un’opportunità concreta a questi ragazzi di migliorare la loro forma fisica e psicologica, e quindi di elevarne la qualità di vita”

Parliamo un po’ di calcio: come gioca questa squadra? Quali le difficoltà maggiori, quali i punti di forza dei tuoi azzurri?

“Alla base del nostro gioco c’è la disponibilità alla collaborazione, una forte consapevolezza che il gioco va semplificato e che strafare, individualmente, non porterebbe da nessuna parte. Da qui il punto di forza che ne consegue è la ricerca, da parte di tutti, della giocata lineare, semplice, che possa mettere il compagno in condizione di giocare la palla al meglio”

Stando a bordo campo durante i vostri allenamenti, abbiamo notato anche un gran senso dell’ironia…

“E dell’auto-ironia, assolutamente. Se non ci ridi sopra, è dura. Non c’è alternativa, questi sono ragazzi che hanno imparato cosa sia la resilienza e cosa significhi cadere, rialzarsi ed essere pronti a mettercela sempre tutta per farcela.

Noi li alleniamo, ma sono loro ad essere da esempio quotidiano per noi, cosiddetti ‘normodotati’.

I nostri azzurri sono uomini che in qualche momento delle loro vite si erano sentiti messi da parte, e che oggi si sentono vivi e si pongono obiettivi continui.

Quali sono, dunque, i prossimi appuntamenti della tua Nazionale?

Tra poche settimane, a metà aprile, se il Covid ce lo permetterà, dovremmo ritrovarci ancora qui da voi, a Loreggia e a Rustega, per preparare la fase finale del Campionato Italiano che dovrebbe svolgersi (e qui il condizionale è d’obbligo) a maggio a Jesolo; ed in vista della Nation’s Cup, programmata in Sardegna, a Olbia, dal 10 al 20 ottobre prossimo.

Lì potremo portare solamente 14 atleti. Confesso che dover lasciare a casa qualcuno dei nostri ragazzi sarà sicuramente il momento più difficile di tutti. Anche se ciò significherebbe che il Covid concederà una tregua e che potremo tornare a  giocare ed a competere come potevamo fare prima della pandemia”.

Incrociamo le dita allora, Forza Azzurri.

(Le fotografie sono una cortesia di FISPES – opera di Marco Mantovani)

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